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venerdì 29 luglio 2011

L'omonima torta

Tornare a casa in una fresca serata di fine luglio e, passo dopo passo, in una corsa che parte dolcemente addormentata e si fa freneticamente allucinata, sfogliare l'album dei ricordi, pagina dopo pagina.

Qui inizia il percorso vita, lo calpestavo durante gli studi al rientro dalla cittá malsana. Una corsetta, che poi la domenica c'era da tirare calci al pallone e prenderne sui fragili stinchi. Le siepi sono cresciute, i ponticelli hanno retto. Sempre fresco qua sotto.

Qui inizia il lago, fra questi canneti ricordo una foto: io e i fratellini che peschiamo con improvvisate canne di legno. Quei colori sbiaditi, quei capelli biondi, che sembra impossibile eravamo proprio noi. Gioia sincera e spensierata.

Lungo questi sentieri si passeggiava a castagne, ma attenti ai padroni: si sta lungo il sentiero e si sgraffignano quelle cadute per terra. Buone, mai troppo grosse, che di marroni qua non se ne vedono: terra di miseria l'alta cavallina. Un sentiero scivoloso, sconnesso e pietroso, ma si lascia correre.

Poco sotto si vede la cascina dell'Andreina, padrona di casa di nonna (una camera, una cucina, poco altro) prima che finalmente avesse una casa tutta sua: da qui é tutta discesa, lunga, ripida, a tornanti. Gambe a pezzi, morale in crescita, ma non siamo nemmeno a metá.

Si ripassa dalla partenza per un'inversione a U con passerella e speaker: "questi sí che hanno la gamba, gli manca ancora un giro e non sentono la fatica!". Mamma sta sulla panca, gli eredi scorrazzano sul campo sintetico. Il fratellone sta giá dietro di un paio di minuti.

Si gira sull'altro lato della valle, in cerca della vista Lago: mi affaccio a sbirciare il giardino che una volta era casa mia, sopra la Banca dove babbo lavorava a Km 0. Si sale ancora e poi ancora, un ricordo dopo l'altro.

A malincuore devo passare Super Marco: stiramento al polpaccio e conclude con l'auto dei soccorsi. Facciamo due parole ma io devo scappare, che sul punto piú alto della seconda parte devo attraversare il giardino-frutteto del fratellino. La cognata, beata ingenuitá!, mi chiede di fermarmi per la foto: verrá mossa.

La discesa é frenesia e cautela: la notte scende veloce e il buio avanza. La torcia é una flebile lucina che serve a poco: il passo é svelto, insolitamente svelto, sono in piena trance emotiva.

Passo la parrocchiale dove spesso ho occupato i banchi di fondo: quante meste occasioni, troppe volte ci siamo visti. Passo anche la casa del Piero ma é vuota, scendo fino al sottopasso e siamo in zona zia Pina. Qui, sopra la mia testa, ha attraversato la 42 per l'ultima volta. Mi viene un crampo, al polpaccio stavolta, e mi distrae da questi pensieri.

Prima di rientrare al percorso vita, un ultimo passaggio davanti a casa sua. Il caco che sempre potavo non ha resistito al nuovo proprietario (oppure é troppo buio e non vedo bene?). La ricetta segreta della torta omonima, tutta farina e marsala e tanto asciutta che dovevi per forza accettare un bicchierino, sta al sicuro nel cassetto.

Finisco non so neanche quanto, mi dimentico di spegnere il crono, sbocconcello qualcosa, bevo e mi lavo. In quegli spogliatoi dove il Capitano, di fronte all'impietosa classifica, ammise che ero l'unico a correre.
E continuo.


domenica 24 luglio 2011

1500 scadenti

I 1500 di mercoledí, sulla bella pista di Saló hanno confermato i miei sospetti.

Non ho il ritmo: +4" rispetto ad un anno fa.
La pista non si improvvisa.
Infine, il Garmin parte almeno un secondo dopo il mio click: questo spiega la differenza fra il Suo 4.45 e rotti e il 4.46.50 dei giudici.

Delusioni a parte, dimenticando anche i 40' in coda sull'A4, la serata ha avuto i suoi lati piacevoli.

Incontrare i vecchi amici, prima di tutto.
Poi, correre sul bel prato verde durante il riscaldamento minimalista.
Quindi, provare a tenere il ritmo del gruppo degli Avigo: é.durato un 5-600m, giusto il tempo di chiedermi cosa ci facessi in mezzo a loro, che se ne sono andati.
Vincere la volata per l'inglorioso sesto posto: le sue (rumorose) chiodate contro le mie rimbalzanti A3.
Infine, la prova del giavellotto: mai impugnato prima, e si vede. Due nulli (un piatto e una coda) ma da ripetere.

Sono solo il pallido clone, l'altro tizio rientra a settembre.

martedì 12 luglio 2011

Madre terra

Non ricordo come hanno fatto ad incastrarci, ma ci sono riusciti anche stavolta, quindi ci tocca affrontare la trasferta nel pordenonese per i Campionati Italiani di Corsa in Montagna (o, più brevemente, gli Italiani di Montagna).

A Piancavallo fa fresco, tuttavia il posto mi pare ancorato alla fine degli anni 60, e l'arredo degli alberghi dove alloggia la truppa, arrivata sull'altopiano dopo 5 ore di pulman, lo conferma in pieno: il tutto mi ricorda quei polverosi reportage che leggevo da piccolo, sulle gare dei Trofeo Topolino di sci.
Dopo una lauta cena con il tipico menù dell'atleta (pasta in bianco e formaggio da banco del super per me, lasagne e polenta con spezzatino per i normali), un giretto al fresco e poi tutti a nanna.

Il giorno dopo ci aspetta l'inimmaginabile: un bellissimo percorso fra prati e boschi, tutto su erba o sterrato, con dislivello contenuto ma pendenze esagerate, sia in salita (lungo gli impianti) che in discesa (lungo la pista). Considerando i quasi 13K dichiarati, c'è di che preoccuparsi.

La Bella completa a fatica i suoi due giri: arriva sudata che è un piacere, chè il sole picchia sulla pelle dei corridori, e i tratti coperti dal fitto fogliame dei faggi servono giusto ad evitare il collasso.

La nostra serie è molto partecipata: vedo in giro alcuni tizi con improponibili calze modello bancario, forse li hanno arruolati all'ultimo minuto. Capita.
Allo sparo finisco subito nel collo della bottiglia: alla fine del rettilineo di lancio vedo che i primi sono già avanti di quasi duecento metri. I sorpassi sono difficili, il sentiero è largo giusto un trattore e completamente intasato. Me la prendo comoda e inizio a cercare il passo non appena parte l'ascesa, ma non ricordo quale è il passo giusto, è troppo che sto lontano da questi percorsi!
In breve: un primo giro tranquillo a 4,34/km; nel secondo, con la strada libera inizio a vedere le gocce cadere dal berretto (4,47 alla fine); all'ultimo getto la spugna e chiudo la salita più ripida camminando (4,58). Ad ogni modo sono il quarto di categoria per la squadra, i miei punti non contano ed ho la coscienza a posto!

Chiudo 22.mo di categoria, poteva andare peggio, 50 li ho lasciati indietro (i famosi bancari, immagino).

La squadra invece deve mollare il titolo, dopo 3 anni consecutivi: tra me e me ne sono ben lieto, chi vince troppo diventa odioso e questo è quanto sento nei nostri riguardi. Evviva i vincitori e benvenuti nel Club!

PS: lo scrivo a bassa voce, non vorrei che Lei sentisse. Pare che, dopo due giorni di trattamento con l'argilla (i consigli della mamma) il problema del dito stia rientrando. Pare. Fine del tag ipocondriaco. Non vedo l'ora di ricominciare a modino: il 20 in pista per i 1500.

venerdì 8 luglio 2011

10 giorni al Nord

Rügen ha la giusta distanza da casa, dalla striscia d'asfalto che mi spolpa la schiena, dal loculo dove spreco le ore migliori, dal megalomane appiccicato alla poltrona con la Coccoina, ecc ecc. Ed è bello, per una volta, non incontrare connazionali ed essere guardati ovunque come i meridionali del caso: perchè c'è sempre un posto più a Nord del tuo.

Gli ampi spazi verdi fanno subito effetto e ci si dimentica subito di tutto. Ah si, ho anche un paio di diagnosi prima di partire: i raggi dicono che le ossa sono a posto ("piede sano e intatto"), l'eco dice che c'è una "area ... che si estende per 7,2 mm compatibile in prima ipotesi con area di probabile borsite pericapsulare". Visita ortopedica rimandata a dopo le vacanze.
E allora corro senza pensarci, per buona parte del tempo su sterrato. A volte costeggiando il mare, che fa capolino alla fine del bosco di faggi, a volte inseguendo leprotti tra campi di grano e segale. Oppure attraversando campeggi che paiono senza fine. O zigzagando lungo bianche spiagge fra sederi e piselli al vento. O ricercando la forma risalendo il faro di HiddenSee. Oppure, in una mattinata da tregenda, sfidando i goccioloni alla ricerca del lago che non trovo.

Ovunque, alberi da far paura, silenzio e calma. Quello che ci vuole, ma non basta mai.