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mercoledì 24 aprile 2013

Take me Home, Country Road


Lungo le strade di casa. Dal paese dei suoceri verso quello dei nonni, senza ritorno.

Erano i Favolosi Anni Settanta, la terra e il cemento venivano via per un tozzo di pane e di posto ce n'era per tutti, nella Grande Epoca della Colonizzazione. Il progetto fu curato dal fratello ingegnere, quello che poi mi ritrovai come preside qualche anno più avanti. Ambizioso e a lungo termine, faraonico nelle dimensioni e da montarsi a mano come i mobili Ikea: ci vollero decenni per saldare il mutuo a tasso agevolato della banca, altrettanti per riempirne gli spazi vuoti e per inventarsene di nuovi. Faticoso ma gratificante.

Una posizione privilegiata: pochi metri sopra la verde vallata coperta, ai tempi, da campi di mais; un torrente con gamberi e troterelle che scorreva fra i grandi platani. Una ripida salita, che a pensarci oggi sarebbe stata l'ideale, con tornante finale degno di una Cima Coppi, conduceva ai cancelli d'ingresso. Sempre aperti, oppure con la chiave nella serratura, altri tempi. Attorno, un bosco di roverella, carpino e poco altro, con la forte pendenza e il terreno roccioso che non procuravano grande nutrimento. Pungitopo e orbettini e ricci e palloni che finivano immancabilmente in fondo al bosco.

Al pianterreno, appoggiata saldamente alla solida roccia della collina, la taverna che, anno dopo anno, si popolava dei mobili di papà, perline di abete fatte a mano comprese. Un ampio garage, un ancor più ampio laboratorio di falegnameria, con un arsenale di tutto rispetto: per ogni pezzo sfornato su richiesta, la maggior parte dei magri ricavi (sottocosto non l'avevano ancora coniato, per i tempi si poteva parlare di beneficenza) veniva reinvestito in attrezzi, pomoli, vernici, viti, colle e grezze assi di legno. Perchè lui aveva la fissa del noce nazionale, e lo impilava ordinato sotto la veranda del vecchio pollaio.
A completare i piani bassi, una fresca cantina fra le pareti di casa e la roccia. Le damigiane di barbera partivano dal Piemonte, e sono trent'anni che il camioncino di Lorenzo segna puntuale l'inizio della Primavera.

Al primo, due stanze da letto, due bagni, una cucina e un enorme soggiorno adibito principalmente a sala TV. Un altro camino, ovviamente. Tre letti, di cui uno a castello, nella nostra cameretta: una sfacchinata ritagliare le perline a misura e con la giusta inclinazione, con il tetto a spiovente sopra la testa: sono imprese che ti rimangono dentro, queste.

Una scala a chiocciola e una rampa di legno (casalinga, non c'è bisogno di dirlo) conducevano alla mansarda sottotetto. Per anni rimase spoglia, giusto un tappeto di verde moquette, pile di libri e fumetti accatastate alle pareti, una ringhierina in ferro con vista sul soggiorno. Col mio fratellone si organizzavano le gare di salto, in alto e in lungo, un materasso a riparare i magri fondoschiena. Con decisione unilaterale, un giorno mi stabilii lassù: una stanza per studiare, sommerso da pile di carta ora ordinate in scaffali; una per dormire, prima da solo poi con la fidanzatina, nel lettone a una piazza e mezza restaurato col vecchio. Dagli abbaini, la vista del Gölem.

All'esterno, la palestra multisport. Ore di palleggi, di tiri e corse in solitaria, oppure con fratelli e cugini; un canestro quasi regolamentare che ebbe scarso successo; una rete da pallavolo per i tornei serali, dove tonton de Paris si prodigava nell'arte del barare, manco fossimo al Roland Garros; una piscinetta che anticipava i tempi. L'orto, il bosco, il gazebo e il pollaio, non mancava niente nel nostro MiniMondo.

Quando parto da Sarnico verso Lovere, ho in mente una sola cosa: tornare a casa.
  • 17 aprile 2011: 24.mo/1044 in1.33.33 (cat. 5/230)
  • 22 aprile 2012: 31.mo/1803 in 1.35.09 (cat. 7/336)
  • 21 aprile 2013: 47.mo/2338 in 1.34.04 (cat. 8/435)
Per fortuna ho una pessima memoria, altrimenti sarei annientato dai ricordi.

mercoledì 17 aprile 2013

Raccolgo le idee (altrui)

Una mezza di sfogo ad una settimana dal flop. Torna la Primavera, finalmente e come sempre.
Foto by My Garden
Allora, cosa mi hai combinato domenica?
Quanto hai fatto, alla fine?
Eccolo qui, il Maratoneta!
Ma vai più piano, che hai appena fatto la M. domenica!
Vedo che hai ancora una corsa bella sciolta, nonostante la M.
Madrid? Non ci sono mai stata, ma ti consiglio di lasciare perdere.
Dedicati alla mezza, che su quella distanza vai forte.
Prendo nota di tutto, ascolto tutti senza dar retta a nessuno. Poi ci penso su.
Cellatica questa volta ci è piaciuta, miracoli primaverili. Al resto ci penseremo.
  • 29 marzo 2009: 67.mo su 278 (cat. 18/69), in 1h27:12 
  • 28 marzo 2010: 26.mo su 359 (7/71), in 1h22:09
  • 6 marzo 2011: 30.mo su 389 (5/71), in 1h18:50
  • 14 aprile 2013: 50.mo su 550 (cat. 13/92), in 1.22.56
Doverosa, amara riflessione in chiusura: sulla via del rientro, la Fiera era strapiena da vergognarsene.
32° Mostra Internazionale Armi Sportive, Security e Outdoor 

lunedì 8 aprile 2013

Shit happens

Un amico che ti segue in bicicletta, odorare con lui le ondate filanti verso l'arrivo. Tre tesori che ti chiamano da lontano. Ne è valsa comunque la pena.

Una giornata storta, in un certo suo modo strano. Penso sarebbe andata così ad ogni modo, nonostante i bioritmi maledettamente al top.

Prendere scuse non vale, non sempre almeno. La notte agitata, il freddo, il vento, la ricerca del wc, il gps che corre fino ai 43 finali, son solo palle dopotutto.
Poteva andare bene, poteva andare male: ho estratto la carta sbagliata, capita.
Si vince e si perde, capita.

Si chiama vita ed è un'occasione unica. Evitiamo gli sprechi.

Qui il video di Nic. Sottotitolo: "dov'è il cesso?"

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