E, dopo Busto, eccoci a Treviglio, nota località delle basse Orobie che usa accogliermi a fioccate di neve in faccia. Belli grassi e agitati dal vento.
Anche qui ci sono in palio i titoli Regionali sulla distanza, e al solito ci capito per caso, che mi si creda o no. Una bella truppa di pazzoidi sfida il maltempo, entrambi come da previsione.
La fioccata inizia da subito ma l'asfalto è solamente bagnato, quella pellicola d'acqua gelata che le suole raccolgono passo dopo passo e man mano riversano sulle cosce e sui ciapèt. L'ideale, insomma, per mantenere la falcata distesa ed elastica.
Per farla breve, un freddo maiale, e la barba non serve a molto, se non a tener lontane le ammiratrici.

Mi fermo una volta, poi una seconda e una terza. Mi scaldo le braccia, faccio lo scemo con i volontari, osservo la marmaglia passarmi avanti con merito. I guanti sono fradici e le mani gelate: rimuovo le dita e le chiudo a pugno, con i guanti che ballano la rumba ad ogni balzo. Che spettacolo indecoroso.
La prima è andata, e peccato per quel chilometro lanciato corso sotto i 200", appena due giorni prima. Sono lampi di luce, poi si torna alla realtà. Che, da quanto si capisce, è la solita zuppa indigesta. Si torna a correre, ce ne sarà bisogno.