Una settimana a mare, quindi. In villaggio, dicono dalla regia, e non ho la forza e il coraggio di ostentare i miei dubbi, di sbattere sul tavolo i miei pregiudizi. Sono stanco morto, Abbiategrasso andrebbe pure benone, basta non si parli di lavoro.
Eppure, sull'isola a noi sconosciuta va tutto benissimo.
La costa settentrionale é frastagliata il giusto, spopolata che é una gioia, basta chiudere un occhio sui frutti appassiti della speculazione edilizia, fortunatamente in rigorosa calce bianca, e poi é tutto un via vai di sentieri che costeggiano l'intera isola, ma per questa volta ci si accontenta ;)
La via del faro resta la preferita: la seguo quattro volte nelle sette uscite mattutine, due volte lo raggiungo dopo una mistica traversata del promontorio (da sud a nord, in perfetta contro-tramontana), una volta ci si ferma a metà per il bagno ristoratore, un'altra si devia a occidente a scoprire una nuova caletta. Altro bagno, in mezzo ai canoisti, anch'essi nel tradizionale costume adamitico.
Aggiungi quei tre giri ad oriente, fra torri di guardia, calette di cui si perde traccia (e ne escono 21 km su asfalto) e che poi si ritrovano nei giorni finali, ed ecco un bel sette su sette. I miei primi 103, non li dimenticheró presto.
E nemmeno la Bella, immagino, che almeno una settantina se li é vissuti tutti, per poi recuperarli nei lauti pasti a buffet: per noi un buon chiletto a testa, bagaglio extra incluso nel ticket, per tutti gli altri, avidamente impegnati a riempire i piatti e i bicchieri in disordinata frenesia, in nome del tanto é tutto pagato, non so proprio che dire.
Protetto dall'ombrellone, mi porto pure a casa un paio di ambiti titoli a squadra (calcetto e pallanuoto) e mi mangio le unghie della mancata vittoria nel torneo di calcio-tennis: prima o poi io e il piccolo ce la faremo. Che squadra!
Eppure, sull'isola a noi sconosciuta va tutto benissimo.
La costa settentrionale é frastagliata il giusto, spopolata che é una gioia, basta chiudere un occhio sui frutti appassiti della speculazione edilizia, fortunatamente in rigorosa calce bianca, e poi é tutto un via vai di sentieri che costeggiano l'intera isola, ma per questa volta ci si accontenta ;)
La via del faro resta la preferita: la seguo quattro volte nelle sette uscite mattutine, due volte lo raggiungo dopo una mistica traversata del promontorio (da sud a nord, in perfetta contro-tramontana), una volta ci si ferma a metà per il bagno ristoratore, un'altra si devia a occidente a scoprire una nuova caletta. Altro bagno, in mezzo ai canoisti, anch'essi nel tradizionale costume adamitico.
Aggiungi quei tre giri ad oriente, fra torri di guardia, calette di cui si perde traccia (e ne escono 21 km su asfalto) e che poi si ritrovano nei giorni finali, ed ecco un bel sette su sette. I miei primi 103, non li dimenticheró presto.
E nemmeno la Bella, immagino, che almeno una settantina se li é vissuti tutti, per poi recuperarli nei lauti pasti a buffet: per noi un buon chiletto a testa, bagaglio extra incluso nel ticket, per tutti gli altri, avidamente impegnati a riempire i piatti e i bicchieri in disordinata frenesia, in nome del tanto é tutto pagato, non so proprio che dire.
Protetto dall'ombrellone, mi porto pure a casa un paio di ambiti titoli a squadra (calcetto e pallanuoto) e mi mangio le unghie della mancata vittoria nel torneo di calcio-tennis: prima o poi io e il piccolo ce la faremo. Che squadra!